Clotilde Ceriana Mayneri - Molti l’hanno guardata, nessuno l’ha vista

Galleria Del Ponte, Torino
Curatore: Armando Audoli

La mostra, a due anni dalla scomparsa, ricostruisce e ripercorre per la prima volta la parabola artistica di Clotilde Ceriana Mayneri (1940-2023), una delle più interessanti e complesse personalità apparse sulla scena torinese tra la metà degli anni sessanta e l’inizio del nuovo millennio, ancora ampiamente da studiare e – in un certo senso – da riscoprire, ancora tutta da approfondire. Al miope misconoscimento del suo lavoro hanno di certo contribuito l’inclinazione oltremodo schiva e riservata del temperamento dell’artista, la sensibilità estrema e quasi esasperata della sua interiorità (salda e delicatissima a un tempo), l’eleganza innata della sua nobile ma mai altera separatezza e la totale mancanza di quel becero arrivismo che contraddistingue tanti sgomitanti protagonisti dell’era postmoderna, oltre al lirismo completamente libero – svincolato da qualsivoglia ammiccamento modaiolo e da qualsivoglia concettualismo à la page – del suo linguaggio formale più maturo, così misteriosamente remoto e insieme potentemente attuale.

Appartenente alla illustre famiglia Ceriana Mayneri, che annovera tra i suoi esponenti Carlo, celebre generale di cavalleria, il deputato e industriale Michele (uno dei fondatori della Fiat) e Lodovico, diplomatico e parlamentare di cinque legislature, la giovane contessa Clotilde si rivela presto scultrice per vocazione e formazione, studiando con Umberto Baglioni e Giovanni Chissotti all’Accademia Albertina, dove si diploma nel 1963. Dopo le prime prove figurative e informali (in mostra è presente un robusto gesso patinato che marca l’influsso, allora inevitabile, di Sandro Cherchi), la plastica a tutto tondo dell’autrice si indirizza verso volumi e forme di maggiore sintesi e dal modellato più asciutto, con aperture e sfrangiature quasi “spazialiste”, presenti sia nelle terrecotte, smaltate e non, sia nei bronzi. E se fino alle soglie degli anni ottanta le “pagine” di creta, finemente toccate dalla scultrice, creano sequenze di andamenti modulari a formare una biblioteca ideale di epigrafi mai scritte, successivamente ogni opera (sempre tridimensionale, quindi sempre “scultorea” in senso lato) diventa una sorta di portale per accedere ai misteri dell’interiorità e della memoria, attraverso stratificazioni, intrecci e collage di materiali meno aulici rispetto a quelli della scultura tradizionale, più intimi, semplici e talora attinti dalla natura: oggetti trovati sul cammino come rametti e legni naturali, frammenti di canna di bambù, placche di corteccia di acero, fili di saggina, fili di canapa, fili di rame, corde, viti ottonate, vecchie provette, lacerti di aquiloni giapponesi, carte umili o preziose, pagine di libri antichi... Una poesia tattile, insomma, un lungo soliloquio che parla di sentimenti e sensazioni; una partitura di ricordi, palpiti ed emozioni (anche intellettuali) da cui emergono, per esempio, i versi della amata Emily Dickinson oppure trame di grafismi indecifrati.
Nel lavoro maturo di Clotilde Ceriana, come nella poesia di Emily Dickinson, vi è un’alternanza spiazzante tra il registro umile e quello elevato, tra il semplice e il sublime, che procede parallelamente all’osservazione trasfigurata del mondo esterno e di quello interiore, all’alternanza vertiginosa dell’infinitamente grande e dell’infinitamente piccolo, del passato e del presente, della solitudine affollata e dei rumorosi silenzi. Scrive Clotilde nell’intensa autopresentazione di una mostra torinese, datata febbraio 1989: «Dall’ombra quieta dello studio così affollato, così canoro, io ascolto. Frammenti di tempo, di spazio, di cose. Tempo ne ho tanto, so aspettare, raccogliere, collezionare. Mi piace pensare che la neve stia turbinando per me. Il mondo, qui dentro, è pieno di sogni. Il mondo, là fuori, racconta storie di piccole immensità. Chinarsi un istante per formulare – una pausa – poi ricominciare. C’è ancora molto da cogliere lungo la vita, basta guardare indietro».
L’esposizione, la più ampia ricognizione finora mai dedicata alla ricerca tridimensionale e alla figura di Clotilde Ceriana Mayneri, presenta una selezione di una cinquantina di opere, tra sculture (in bronzo, terracotta, gesso) e lavori polimaterici, distribuita lungo un arco cronologico di mezzo secolo, che va dalla seconda metà degli anni sessanta al 2020.

Clotilde Ceriana Mayneri - Molti l’hanno guardata, nessuno l’ha vista
Copertina evento.