Artisti

Carlo Levi

28/11/1902 - 03/01/1975

Nasce da Ercole Raffaele Levi e Annetta Treves in un'agiata famiglia ebraica della borghesia torinese e fin da ragazzo dedica molto tempo alla pittura, che coltiverà con passione per tutta la vita, raggiungendo importanti successi. Sua sorella maggiore è la neuropsichiatra infantile Luisa Levi. Suoi fratelli minori sono Riccardo e Adele (Lelle).

Dopo avere terminato gli studi secondari presso il liceo Alfieri[1], si iscrive alla facoltà di medicina dell'Università degli Studi di Torino. Nel periodo degli studi universitari, per il tramite dello zio, l'onorevole Claudio Treves (figura di rilievo nel Partito Socialista Italiano), conosce Piero Gobetti, che lo invita a collaborare alla sua rivista La Rivoluzione liberale e lo introduce nella scuola di Felice Casorati, intorno alla quale gravita l'avanguardia pittorica torinese.

Levi, inserito in questo contesto multiculturale, ha modo di frequentare personalità come Cesare Pavese, Giacomo Noventa, Antonio Gramsci, Luigi Einaudi e, più tardi, importanti per la sua evoluzione pittorica, Edoardo Persico, Lionello Venturi, Luigi Spazzapan.

Nel 1923 soggiorna per la prima volta a Parigi, dove viene a contatto con le opere dei Fauves, di Amedeo Modigliani e di Chaïm Soutine, leggendovi un incitamento alla ribellione contro la retorica fascista e la cultura ufficiale italiana[2].

Durante questo viaggio scrive anche il primo articolo sulla sua pittura per la rivista L'Ordine Nuovo di Antonio Gramsci.

Si laurea in medicina nello stesso anno e rimarrà alla Clinica Medica dell'Università di Torino come assistente fino al 1928, ma non eserciterà mai la professione di medico, preferendo definitivamente la pittura e il giornalismo.

La scelta per l'attività artistica
Levi nel 1947
La profonda amicizia e l'assidua frequentazione di Felice Casorati orientano la prima attività artistica del giovane Levi, con le opere pittoriche Ritratto del padre (1923) e il levigato nudo di Arcadia, con il quale partecipa alla Biennale di Venezia del 1924. Nel 1926 presenta alla medesima rassegna Il fratello e la sorella[3].

Dopo altri soggiorni a Parigi, dove aveva mantenuto uno studio, la sua pittura, influenzata dalla Scuola di Parigi, subisce un ulteriore cambiamento stilistico.

Con il sostegno di Edoardo Persico e Lionello Venturi, alla fine del 1928 prende parte al movimento pittorico cosiddetto dei sei pittori di Torino, insieme a Gigi Chessa, Nicola Galante, Francesco Menzio, Enrico Paulucci e Jessie Boswell, che lo porterà a esporre in diverse città in Italia e anche in Europa (Genova, Milano, Roma, Londra, Parigi).
Espone alla I Quadriennale nazionale d'arte di Roma nel 1931.

Levi, per una precisa posizione culturale coerente con le sue idee, considerava espressione di libertà la pittura, in contrapposizione formale e sostanziale alla retorica dell'arte ufficiale, secondo lui sempre più sottomessa al conformismo del regime fascista e al modernismo del movimento futurista.

Nasce da Ercole Raffaele Levi e Annetta Treves in un'agiata famiglia ebraica della borghesia torinese e fin da ragazzo dedica molto tempo alla pittura, che coltiverà con passione per tutta la vita, raggiungendo importanti successi. Sua sorella maggiore è la neuropsichiatra infantile Luisa Levi. Suoi fratelli minori sono Riccardo e Adele (Lelle).

Dopo avere terminato gli studi secondari presso il liceo Alfieri[1], si iscrive alla facoltà di medicina dell'Università degli Studi di Torino. Nel periodo degli studi universitari, per il tramite dello zio, l'onorevole Claudio Treves (figura di rilievo nel Partito Socialista Italiano), conosce Piero Gobetti, che lo invita a collaborare alla sua rivista La Rivoluzione liberale e lo introduce nella scuola di Felice Casorati, intorno alla quale gravita l'avanguardia pittorica torinese.

Levi, inserito in questo contesto multiculturale, ha modo di frequentare personalità come Cesare Pavese, Giacomo Noventa, Antonio Gramsci, Luigi Einaudi e, più tardi, importanti per la sua evoluzione pittorica, Edoardo Persico, Lionello Venturi, Luigi Spazzapan.

Nel 1923 soggiorna per la prima volta a Parigi, dove viene a contatto con le opere dei Fauves, di Amedeo Modigliani e di Chaïm Soutine, leggendovi un incitamento alla ribellione contro la retorica fascista e la cultura ufficiale italiana[2].

Durante questo viaggio scrive anche il primo articolo sulla sua pittura per la rivista L'Ordine Nuovo di Antonio Gramsci.

Si laurea in medicina nello stesso anno e rimarrà alla Clinica Medica dell'Università di Torino come assistente fino al 1928, ma non eserciterà mai la professione di medico, preferendo definitivamente la pittura e il giornalismo.

La scelta per l'attività artistica
Levi nel 1947
La profonda amicizia e l'assidua frequentazione di Felice Casorati orientano la prima attività artistica del giovane Levi, con le opere pittoriche Ritratto del padre (1923) e il levigato nudo di Arcadia, con il quale partecipa alla Biennale di Venezia del 1924. Nel 1926 presenta alla medesima rassegna Il fratello e la sorella[3].

Dopo altri soggiorni a Parigi, dove aveva mantenuto uno studio, la sua pittura, influenzata dalla Scuola di Parigi, subisce un ulteriore cambiamento stilistico.

Con il sostegno di Edoardo Persico e Lionello Venturi, alla fine del 1928 prende parte al movimento pittorico cosiddetto dei sei pittori di Torino, insieme a Gigi Chessa, Nicola Galante, Francesco Menzio, Enrico Paulucci e Jessie Boswell, che lo porterà a esporre in diverse città in Italia e anche in Europa (Genova, Milano, Roma, Londra, Parigi).
Espone alla I Quadriennale nazionale d'arte di Roma nel 1931.

Levi, per una precisa posizione culturale coerente con le sue idee, considerava espressione di libertà la pittura, in contrapposizione formale e sostanziale alla retorica dell'arte ufficiale, secondo lui sempre più sottomessa al conformismo del regime fascista e al modernismo del movimento futurista.

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