Mario Lattes (Torino, 25 ottobre 1923 – 28 dicembre 2001), pittore, scrittore ed editore, è stato un personaggio di spicco nel mondo culturale del capoluogo piemontese del secondo dopoguerra.
Durante il periodo bellico sfugge alle leggi razziali rifugiandosi a Roma e a Rieti unendosi poi alle truppe alleate, tra cui l’VIII Armata Inglese, in qualità di interprete. Rientrerà a Torino, la sua amata e odiata città, nel 1945.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale dirige la Lattes Editori, la casa editrice fondata dal nonno Simone Lattes nel 1893, una tra le più importanti nel settore dell’editoria scolastica, ma che propone anche opere di autori propone anche opere di autori quali Il’ja Erenburg, William Faulkner e Filippo Burzio e molti altri. Collabora con scritti e disegni alle più importanti riviste culturali del momento, tra cui “Il Mondo”, la “Fiera letteraria” e la “Gazzetta del Popolo”. Con un gruppo di amici (Vincenzo Ciaffi, Albino Galvano e Oscar Navarro) nel 1953 fonda la rivista “Galleria” che dall’anno seguente, con il titolo “Questioni”, diventa voce influente del mondo culturale non solo locale. Vi partecipano intellettuali italiani e stranieri come Nicola Abbagnano, Albino Galvano, Theodor Adorno e molti altri.Nel 1960 si laurea all’Università di Torino con il professor Walter Maturi, discutendo una tesi in storia contemporanea sul ghetto di Varsavia.
Tra il 1958 e il 1985 pubblica diversi romanzi e racconti, tra cui: Le notti nere (Lattes, 1958), La stanza dei giochi (Ceschina, 1959), Il borghese di ventura (Einaudi, 1975; Marsilio, 2013), L’incendio del Regio (Einaudi, 1976; Marsilio, 2011), L’Amore è niente (Editore La Rosa, 1985), Il castello d’acqua (Aragno, 2004) postumo. La vicende personali, i sentimenti, le paure, le speranze, la vita di tutti i giorni, sono i temi di cui sono fatti i romanzi di Mario Lattes, che sono sempre opere autobiografiche, scritte con sensibilità profondamente surreale ed epico senso dell’inconcludenza umana. Sopravvive però sempre l’ironia. Nel libretto Fine d’anno, pubblicato nel 1972, sono raccolte alcune poesie di Lattes che ripropongono i temi centrali della sua riflessione e della sua ossessione: la nostalgia per ciò che si è dovuto lasciare, che non c’è più se non nella memoria, il male assoluto, la morte e la natura, l’amore che passa crudelmente, l’esilio. Nel 2015, per volontà degli eredi, vede la luce Il Ghetto di Varsavia, tesi di Laurea di Mario Lattes pubblicata per la prima volta, dopo 55 anni dalla sua stesura, da Edizioni Cenobio, a cura del professor Giacomo Jori.
Del 1947 è la sua prima mostra alla galleria La Bussola di Torino, a testimonianza delle maturate esperienze artistiche, nate durante il soggiorno laziale e coltivate per tutta la sua vita, come artista e collezionista. Fino alla fine degli anni novanta allestisce personali a Torino, Roma, Milano, Firenze e Bologna e partecipa con successo a due edizioni della Biennale di Venezia, della Quadriennale di Torino e di Roma oltre a diverse esposizioni collettive.
La sua opera pittorica dopo un iniziale periodo informale, è sempre stata figurativa, con valenze visionarie e fantastiche, tale da evocare illustri discendenze, da Gustave Moreau a Odilon Redon a James Ensor. La pittura, le incisioni e i romanzi sono legati da un forte filo conduttore, talvolta anche nella scelta di soggetti identici, trasfigurati dalla diversità dei mezzi espressivi. Il suo lavoro pittorico e la sua attività culturale sono stati oggetto di numerose recensioni e alcuni studi critici.
Dopo la sua scomparsa, importanti istituzioni gli hanno dedicato antologiche e retrospettive. Il Comune di Torino, in data 11 maggio 2017, con una cerimonia pubblica, gli ha intitolato l’area verde di Piazza Maria Teresa, nel quartiere Borgo Nuovo.