Gino Gorza nasce il 6 novembre 1923 a Bassano del Grappa (Vicenza) da una famiglia che segue gli spostamenti di lavoro del padre. Giunto a Torino, diviene allievo di Felice Casorati all’Accademia Albertina e si diploma nel 1948. L’apprendistato presso il maestro plasma un’attitudine rigorosa e analitica al fare pittorico e determina nel contempo un impegno radicale nel ruolo di formatore di coscienze estetiche.
Diviene docente nelle scuole medie nel 1942, quindi al Liceo Artistico e poi all’Accademia Albertina di Torino (dal 1974) dove tiene il corso “Aspetti propedeutici e metodologici della progettazione”. L’interesse per l’insegnamento, a tutti i livelli, si traduce in una serie di testi didattici, “Vedere” (1961), “Nozione figurativa” (1963), “Realtà e figura” (1967), fino al volume “Via piana della figura” uscito postumo (ed. Masoero, Torino 2002, a cura di A. Maglioni) che sintetizza una vita di studio e di esperienze sull’immagine.
Uomo di vastissima cultura filosofica, linguistica e antropologica e di interessi conoscitivi che variano dai miti classici alla spiritualità orientale, Gorza coltiva in parallelo la pittura dedicandosi agli studi della figura umana con i quali espone alle due edizioni della Biennale di Venezia del 1948 e del 1950.
Gradualmente la sua ricerca approda a un’astrazione dinamica che rifugge la modularità per privilegiare le forme e i ritmi della composizione. Alla successiva fase informale appartiene la pittura-scrittura, la grafia s’immerge in una materia pastosa e fluida, lascia delle tracce negli spessori e dà origine alle cosiddette “paste alte” dei cicli denominati “Impronte” e “Panoplie” datati inizio anni Sessanta.
La ricerca sui materiali e sulle facoltà ottico-percettive rimette in discussione la differenza di genere tra pittura e scultura, attuando un sottile passaggio tra la bi- tridimensione. Il quadro si carica di valenze fisiche e oggettuali e assume un aggetto nella dimensione reale dell’esistente come attesta il ciclo dei “Bivalvi”.
Quasi dei monocromi plastici, essenziali e minimali nelle forme, che coniugano i valori di leggerezza e sospensione, purezza e ritmo compositivo, la matrice vera di ogni opera di Gorza.
Il 6 settembre 2001 muore nella sua casa-studio a Torino.
Testo a cura di Ivana Mulatero