Franco Garelli

19/09/1909 - 01/01/1973

Franco Garelli nasce a Diano d’Alba (CN) nel 1909. Trasferitosi con la famiglia a Torino al termine della Prima Guerra Mondiale, vi frequenta dapprima il liceo classico Massimo d’Azeglio e successivamente la Facoltà di Medicina e Chirurgia. Si dedica contemporaneamente al disegno e alla realizzazione di terrecotte. Nel 1927 esordisce alla Promotrice di Torino.

Già al principio degli anni trenta entra in contatto con il secondo futurismo torinese e partecipa a diverse mostre regionali e sindacali, distinguendosi soprattutto come illustratore e caricaturista. Conseguita la laurea in Medicina e Chirurgia, risiede per circa un anno a Firenze, svolgendovi il servizio di leva.

Nel 1936 è in Africa Orientale con il grado di sottotenente medico e al ritorno in patria tiene la sua prima personale a Torino, esponendo i disegni realizzati durante questa esperienza militare nel corpo degli Alpini. Dal 1936 al 1941 collabora con diverse testate in qualità di illustratore, non tralasciando la realizzazione di opere in terracotta di grandi dimensioni.

Nei primi anni quaranta frequenta Luigi Spazzapan, punto di riferimento per le nuove generazioni di artisti torinesi e ad Albisola entra in contatto con Arturo Martini, il cui esempio influenzerà la sua ricerca scultorea. Tra il 1941 e il 1943 partecipa come ufficiale medico alla Seconda Guerra Mondiale, realizzando una serie di dipinti dal tenore tragico.

Finita la tempesta bellica comincia a insegnare come libero docente di otorinolaringoiatria presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Torino, senza tuttavia interrompere l’attività artistica. Così nel 1947 partecipa alla prestigiosa rassegna “Arte italiana d’oggi – Premio Torino 1947” e sempre a Torino alla Quadriennale presso la Promotrice di Belle Arti.

Nel 1948 alla XXIV Biennale di Venezia e alla Galleria La Bussola di Torino.
Ma fu nel 1949 che sotto lo stimolo di Carlo Cardazzo espone alla Galleria del Naviglio di Milano e alla Galleria del Cavallino di Venezia, suscitando definitivamente l’attenzione della critica. Verso la fine del decennio ad Albisola aveva cominciato a lavorare a stretto contatto con L. Fontana, A. Fabbri, A. Sassu e T. Mazzotti.

Al 1950 risale la prima mostra di sculture in metallo presso la milanese Galleria del Naviglio e l’incontro con Picasso a Vallauris. Dal 1951 al 1963 ebbe la cattedra di Anatomia Artistica presso l’Accademia di Belle Arti di Torino.
Durante tutto il corso degli anni cinquanta prenderà parte a numerose rassegne, tra cui la mostra “Italian Artist of To-day” (1951), la VI Quadriennale di Roma del 1951-‘52, la XXVII Biennale di Venezia del 1954, anno in cui manifesta una nuova attenzione per il dialogo scultoreo tra materia e spazio, ricorrendo dapprima alla ricerca di materiali inconsueti assemblati con cera e spago e fusi nel bronzo, e successivamente all’uso del ferro e della saldatura diretta.
Si inserisce così a pieno titolo nel clima dell’Informale italiano e internazionale.

Fu alla VII Quadriennale romana del 1955-‘56 che espose per la prima volta opere in ferro saldato. Risale a quest’epoca l’incontro ad Albisola, tramite Asger Jorn, con gli esponenti del Gruppo Cobra, insieme ai quali partecipa ad Alba alla mostra del “Laboratorio Sperimentale del Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista” (1956). Nel 1957 tiene una personale alla Galleria del Naviglio di Milano, presentata dall’amico Michel Tapié, ed espone con M. Moreni alla Galerie Rive Droite di Parigi e alla Stadler nella stessa città.

Da questo momento prende parte alle principali rassegne di confronto dell’arte informale in Europa, Stati Uniti e Giappone dove entra in stretta sintonia con il Movimento Gutai.
Con gli anni cinquanta e sessanta realizza grandi opere per esterni, tra i quali la decorazione della parete nord della Biblioteca Civica di Torino (1963), il mosaico per il lungomare di Albisola (1963), il monumento ai Caduti per la città di Beinasco e il rilievo in ferro per la sede Rai di Torino (1969).

Intorno al 1962 abbandona la professione medica e trasferisce lo studio, da Torino a Beinasco (TO), trasformandolo nel 1967 in museo privato. A partire dal 1963 sperimenta i Plamec, realizzati con resine industriali e materiale plastico, sintesi tra pittura e scultura in una chiave di rilievi bidimensionali (Galleria Blu, Milano).

Nel 1963-‘64 crea i Tubi, lamine di ferro piegate su se stesse, colorate con vernici industriali, presentate in una sala personale alla XXXIII Biennale di Venezia del 1966.
Nei secondi anni sessanta prosegue un’intensa attività espositiva in Italia e all’estero. Si sono ampliamente occupati di lui sul piano critico Enrico Crispolti, Michel Tapie, Enzo Guasco, Lionello Venturi, Gillo Dorfles. Luciano Pistoi, Albino Galvano.

Muore a Torino nel 1973.Diano d'Alba

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